“La lunga vita delle donne” ed “Essere anziani oggi”
” La lunga vita delle donne” Solferino 2019
“Essere anziani oggi” Franco Angeli 2019
Ci sono libri che sono speciali per come sono scritti, altri per il momento della tua vita in cui li incontri. Ma è una magia quando incontri un libro che rientra in entrambe le categorie, come è il caso dei due testi di cui parliamo oggi: due saggi sull’invecchiare usciti negli ultimi mesi del 2019.
Sul diventare/essere anziani tanto si è scritto e tanto si scriverà. Si tratta, di solito, di libri scritti da sociologi, psicologi, filosofi, geriatri, ecc. che argomentano sul tema con precisione, attenzione, scientificità; riportano dati, notizie, scoperte, analisi guardando all’invecchiare come ad un fenomeno sempre più diffuso, un aspetto della vita sociale, economica, sanitaria, culturale che ci riguarda tutti considerando l’aumento sempre crescente del numero di soggetti anziani e del prolungarsi della vita. Invecchiare riguarda tutti, ma è forse più facile guardarlo dal di fuori, da lontano.
Talvolta,
di fronte alle tante proposte in libreria, seppure interessati, ci prende lo
scoramento e quasi quasi condividiamo ciò che diceva Massimo Troisi in “Le vie
del Signore sono finite”: “Perché
leggere? I libri so milioni,
milioni…non li raggiungo mai. Io sò uno a leggere, loro sono milioni a scrivere!”
Allora perché leggere proprio questi due libri?
Iniziamo da “La lunga vita delle donne”. Sì, è una sociologa che scrive, ma finalmente qualcuno, anzi qualcuna, che parla di ciò che sta vivendo, che analizza, suggerisce, propone, illumina fondendo la propria esperienza professionale con una continua intima riflessione su se stessa, donna entrata nella quarta età, arricchendo il testo con passaggi storici e riferimenti letterari.
“Forse l’avvertenza principale è quella di “attrezzarsi all’incertezza” perché si è continuamente sottoposte a revisioni e trasformazioni… Senza troppo spaventarsi, bisogna accettare il disordine, sperando non diventi eccessivo, esercitare la virtù della pazienza, darsi tempo, non essere troppo spietate con se stesse. …Ognuno ha la propria vecchiaia, la propria storia…
Inoltre, Marina Piazza ci invita a (…) imparare anche a questa età, sbagliando disimparando, ritentando, ma vivendo (…) non felici, non fortunate ma libere di invecchiare…Non basta dirselo, è importante assimilarlo, sentirlo come proprio, con meraviglia e stupore. Il riconoscimento di “esserci” nella vita. Magari appendendo, accanto alla scrivania, una vignetta di Schulz, una conversazione tra Charlie Brown e Snoopy: “Un giorno ci toccherà morire, Snoopy”. “Certo, Charlie, però gli altri giorni no.”[1]
Il secondo libro “Essere anziani oggi” a cura di Francesca Mazzucchelli, vale la pena di leggerlo anche solo per il sesto capitolo “Invecchiare a occhi aperti. I cambiamenti e le aspettative per il futuro” di Augusta Foni, una psicopedagogista. Un contributo che travolge il lettore, lo accompagna sulle montagne russe delle diverse emozioni, sentimenti, pensieri che fanno intravedere la vecchiaia come processo unico, personale e sociale, a cui si arriva impreparati ma che si può scegliere di vivere in modo responsabile.
“(…) a questo punto della mia vita la prospettiva del futuro assume un ruolo particolare. Improvvisamente ho cominciato a fare più attenzione alle soluzioni di cura adottate per le persone anziane e all’insieme delle condizioni che le accompagnano. Ne sono nate domande difficili: quanto vivrò, come vivrò, quanto autonomamente e quanto in rapporto di dipendenza da altri, quanto durerà la mia lucidità, come morirò? (…) Visto che nessuno può sapere in anticipo quello che gli succederà, ci vuole molta flessibilità e un pizzico di ironia nel fare qualsiasi progetto. Il tutto richiede un tirocinio raffinato, oltre alla capacità di tirare le fila dei problemi e di fare delle scelte. Non è per niente facile, ma è sempre preferibile a una resa al destino e alle cose così come capitano, una rinuncia per noi e una delega ingenerosa ai più giovani.
Con sguardo limpido, diretto e coraggioso, la Foni guarda il suo cambiamento attuale e futuro ma anche quello del mondo che la circonda conducendoci, con ironia e sensibilità, a riflettere e a decidere di volere progettare in modo consapevole anche questa fase della propria vita.
(…) si può scoprire di aver più risorse del previsto…è un piacere sottile che riconverte esperienze subite o irrisolte in materiale da costruzione, purché non si veda l’ultima parte della vita come un residuo rispetto a quello che si è già vissuto, ma come un foglio bianco su cui si può scrivere ancora. (…) Sono io che invecchio e che finisco la mia vita. (…) quanto mi accade, per quanto largamente condizionato dagli altri, devo conquistarmelo in prima persona.”
Con umiltà la Foni dichiara la sua mancanza di specializzazione in questo campo rivendicando però un ruolo di protagonista nel parlarne e nel pensare che le proprie parole possano fornire tracce per interventi di politica sociale e sanitaria più attenti alla complessità, più efficaci e rispettosi delle diversità.
“Non è la voce di un esperto, di un addetto ai lavori, ma di una donna che sta invecchiando in questi anni e che cerca di farlo in modo responsabile. Come futura utente o cliente mi immagino di fornire in qualche modo degli spunti a chi progetta per gli anziani politiche, servizi, formazione per gli operatori nella società di domani.”
Esprimendo in modo chiaro ciò che lei desidera per la propria vecchiaia, cosa spera e cosa chiede a chi si prenderà cura di lei, passando attraverso l’analisi delle fatiche di chi si prende cura di anziani, la Foni ci invita a riflettere su cosa ognuno può fare oggi, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte e superando la logica del chiedere senza dare in cambio.
Da ultimo, con una metafora straordinaria, ci regala un suggerimento:
“Di
fronte alla forza immane che mi cambia e mi sovrasta, non mi sembra sensata una
semplice resa né una contrapposizione frontale. Mi viene in mente invece il
surf perché suggerisce la possibilità di non farsi sopraffare dall’urto delle
onde oceaniche attraverso la danza leggera dell’equilibrio possibile momento
per momento. E lo fa con studio e ironia.”
[1] Piazza Marina pag 40-41-42- 194 passim