Piccole soddisfazioni che ci ricaricano
Essere un familiare caregiver è un’esperienza faticosa, coinvolge le persone in modo totale togliendo spazio e tempo a se stessi.
Negli incontri del gruppo di auto-aiuto vengono condivise queste situazioni e ascoltiamo frasi come:
… La cosa peggiore è che non ho spazio per me…
… Gli altri familiari, se voglio andar via un giorno, non mi danno il minimo appoggio …
… Mi sento sconvolto, tutte le mie aspirazioni vanno a scemare…
… Tra un po’ ho bisogno io.. Siamo contemporaneamente figli, genitori, nonni, coniugi e dobbiamo gestire tutto. Ho i miei acciacchi…
… Non sai a chi rivolgerti per poterti sfogare…
… Mia mamma non riesce ad esprimersi e io mi metto a piangere, non capisco cosa ha…
Non esistono bacchette magiche per superare queste difficoltà, ma osservare il nostro anziano e riflettere sul nostro stato d’animo può aiutarci ad accettare e tollerare meglio la fatica di accompagnare nel tempo il nostro familiare sempre meno autonomo.
Negli incontri di del gruppo di auto-aiuto, a tal proposito, sono emersi alcuni suggerimenti pratici:
- Non aspettiamoci miglioramenti di salute eclatanti, quasi miracolistici, ma gioiamo per i momenti in cui l’anziano è sereno;
- Cerchiamo di ascoltare ed accogliere i piccoli “segni” che gli anziani ci regalano: un sorriso per una tenerezza ricevuta, la ricerca di un abbraccio, la richiesta di un gesto affettuoso, uno sguardo;
- Chiediamoci quali sono le motivazioni che ci sostengono: dovere? gratitudine? solidarietà? affetto?
- Ricordiamoci che non siamo onnipotenti e che chiedere una mano ci “aiuta ad aiutare”.
Racconta Teresa, una donna di 53 anni che partecipa al gruppo:
“Le faccio il solletico, lei ride e io mi sento gratificata.
La mamma è contenta quando siamo insieme.
È bello poterle dare un po’ di serenità.
Ha bisogno di me vicina, come un fiorellino ha bisogno dell’acqua”.