La donna capovolta

La donna capovolta

Autrice: Titti Marrone;

Edizione: Iacobelli editore 2019;

Il romanzo non è un’autobiografia anche se nasce da una esperienza personale. Racconta l’autriceUscivo da un lunghissimo periodo di assistenza a mia madre anziana e malata, durato otto anni. E avevo fatto esperienza di ogni tipo di badante ricavandone sensi di disagio, di mie inadeguatezze, e facendo scoperte sul mio conto che non mi sarei mai aspettata. I personaggi di Eleonora e Alina, nascono dunque da un’esperienza diretta e difficile, anche per fare tesoro di quello che avevo vissuto, per guardarmi dentro e raccontarlo con gli strumenti dell’ironia e dell’autoironia.

Sono due donne le protagoniste del romanzo, Eleonora e Alina. Eleonora è una italiana colta e laureata, che tuttavia non sa sfuggire ai condizionamenti culturali del suo tempo, e necessita di Alina perché sua madre, Erminia, soffre di Alzheimer e occorre una badante fissa in casa. Alina, dal canto suo, ha bisogno di questo lavoro perché deve mantenere tutta la sua famiglia, tra cui un figlio che studia all’estero e si vergogna del lavoro che fa la madre.

Ognuna pensa di essere diversa e invece si assomigliano molto di più di quello che credono; per di più dipendono l’una dall’altra.

Eleonora non riesce a prendersi cura di sua madre:

(…)una madre non si può certo buttare via quando non sa badare a se stessa.(…) se c’è stato un prima con me piccola e posta al centro di ogni suo atto, dovrebbe essere sacrosanto il pareggio del dopo. Lei regredita nell’ombra amara della vecchiaia, lei sospinta verso la mortificazione di pannoloni zuppi come quelli della neonata che io fui nelle sue braccia – che lei ambiava sorridendo, cospargendomi le gambette di talco – , dovrebbe poter ricevere dalla figlia adulta lo stesso naturale accudimento che venne riservato a me. Tu hai dato a me, io adesso darò a te. Chiusura del cerchio.

Perchè invece non succede così? Perché non sento naturale affiancare il suo declino? Cos’è che al cospetto di questa bambina folle mi serra la gola, mi fa percepire mille volte amplificati odori insopportabili, mi provoca reazioni schifiltose, voglia di chiudermi la porta alle spalle e fuggire lontano?

Cattiveria pura, ingratitudine, egoismo. O incapacità di vegliare la sua vecchiaia offesa per timore di vedervi riflessa la mia che sarà peggiore, perché ancor meno di lei io potrò contare su una cura filiale: questo è poco ma sicuro. E anche perché allora non ci saranno più badanti a prezzi stracciati, disgraziate come questa Alina benedetta, capitata sul mio cammino per alleviarmi, confortarmi, sostituire con la sua pietà a pagamento il mio sentimento cattivo o forse solo confuso, ma che mi punge dentro come aculei di un riccio.” (pag.27-28) «Me la guardo e non vedo l’ora di andar via. Perché non so assistere a questo sfascio silenzioso e inesorabile, non so vegliarle questa vecchiaia accanita a fare di lei il simulacro muto e ostile della donna importante che fu.» (p. 86-87)

Per Alina è diverso, lei riesce a stabilire un contatto, forse proprio perché non coinvolta emotivamente, anche se ferita perché lei non ha potuto curare sua madre: «mi prendo in carico la madre di un’altra, di una figlia schifiltosa dallo stomaco delicato che a stento riesce a guardarla […]. La parte migliore del tempo è quella di noi due sole, senza la figlia, senza il marito, in uno spazio nostro di gesti e silenzi che anche Erminia ha imparato.» (p. 127)

Durante la lettura si prova una certa insofferenza per l’aggressività delle due protagoniste, ma le ragioni dell’una e dell’altra sanno disarmare: ci trova ora a parteggiare per entrambe, ora a odiarle tutte e due. Forse l’insofferenza deriva proprio dal capire che anche noi siamo capaci di pensare quelle cose e forse lo abbiamo proprio fatto.

Sia Alina che Eleonora sono come “capovolte”, costrette dalle circostanze a rovesciare le proprie visioni del mondo e dei rapporti. Il concetto di capovolgimento già compare nella copertina che ritrae “Alice in Wonderland” con la testa all’ingiù. Capovolta è Eleonora, femminista progressista che tuttavia non riesce a vedere del buono in una donna a cui si deve affidare; capovolta è sua madre, una volta forte e autoritaria e ora mansueta e confusa; capovolta è Alina, laureata in ingegneria elettronica e profonda conoscitrice dell’Italiano, che sceglie di apparire all’opposto per corrispondere alle aspettative e non spaventare chi deve assumerla.

Una storia amara e spietata, un romanzo sulla vecchiaia, la malattia, le delusioni della vita, i piccoli trucchi per fuggire dalle responsabilità. E’ una storia che appassiona, che regala in ogni capitolo risvolti inaspettati, raccontata con scrittura scorrevole e una struttura originale dove i vari capitoli si alternano con tre diversi “io narranti”, Eleonora, Alina, Loro. Non è un romanzo facile, perché ciascun lettore/lettrice può trovare agganci con le proprie esperienze e sofferenze. Perciò si legge, si riflette, si rilegge.

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