In salute ed in malattia… prendersi cura del marito malato
La signora Adele ci ha scritto alcuni suoi pensieri come caregiver del marito. Prendiamo spunto dalle sue parole per parlare di alcuni stati d’animo di chi sta vicino a un familiare non più autonomo.
Scrive Adele: “Mio marito una mattina si è alzato ed ha avuto difficoltà nel camminare. Al piede sinistro non aveva sensibilità nell’appoggiare il piede a terra. Non mi sono resa conto subito di quello che ci aspettava…”
Solitamente la prima reazione è minimizzare, si parla di “acciacchi della vecchiaia”. Quando però questi strani “acciacchi” non se ne vanno, spesso una moglie (o una familiare in generale) comincia ad essere una sorta di manager: prende appuntamenti dai vari specialisti, coordina i vari impegni, tiene l’elenco dei farmaci, senza tralasciare alcun particolare di tipo medico. Scrive Adele: “Si passa la visita di tre neurochirurghi. Diagnosi:: atrofizzati nervi periferici …. Prescrivono cure di un fisioterapista… ma anche il piede destro perde la sensibilità. Passano alcuni anni, mio marito viene sollecitato a camminare con l’aiuto del deambulatore. Per uscire si usa la carrozzina. In quel periodo più che una moglie mi sembrava di essere una segretaria e un’infermiera, 24 ore su 24: dovevo ricordare tutte le visite, fargli prendere le medicine, capire chi ci poteva accompagnare, parlare al posto di mio marito coi dottori. Ero angosciata dal dimenticare qualche cosa, mi scrivevo tutto, mi arrabbiavo spesso anche con lui, sempre silenzioso, mentre io dovevo occuparmi di tutto…”.
Quando l’autonomia si riduce progressivamente, ci si trova ad investire ulteriori energie per stare il più possibile vicino al nostro familiare. Da soli non si riesce più : ci si rende conto che è necessario cominciare a coinvolgere altri familiari, sia per aiutare meglio il nostro anziano, sia per aiutare noi stessi.
Adele continua: “Per la pulizia personale ad un certo punto ho dovuto chiedere aiuto a mio nipote. Da sola cominciavo a non farcela più, avevo paura che mi scivolasse in bagno e si facesse male. Mi sentivo come la sua stampella, lui camminava appoggiandosi a me e io speravo che non perdesse l’equilibrio, altrimenti erano dolori per tutti e due…”
Molte volte si va avanti per necessità, decisi a non crollare, incuranti della propria salute, quasi annullandosi: “Era subentrata anche disfunzione renale, era entrato in pre-dialisi, doveva seguire una dieta aproteica, io cucinavo solo i cibi adatti a lui e li mangiavo anch’io. Non volevo che lui mi vedesse mangiare cose diverse, avrebbe fatto più fatica a curarsi e volevo evitare a tutti i costi il rischio della dialisi”.
La famiglia, ad un certo punto, si trova quasi obbligata a ricorrere ad aiuti privati per poter continuare ad occuparsi a casa della persona anziana, ma è molto faticoso vincere la propria resistenza e quella dell’anziano ad accogliere persone sconosciute che ci aiutino, che usano le nostre cose, che hanno modi di vivere differenti dai nostri: “Io non avrei voluto nessuno in casa, non sarei più stata libera! E poi è dovere della moglie occuparsi del marito, nella buona e nella cattiva sorte! Però alla fine mio nipote mi ha messo alle strette e tramite la Caritas abbiamo trovato un badante ecuadoregno di 40 anni. Avevo paura di questo straniero che doveva stare con noi, anche se solo per la notte…”
Riuscire ad affidarsi ad altre persone, come gli assistenti familiari, non è una cosa scontata, ma è un percorso di collaborazione e di conoscenza reciproca: “Si è presentato ordinato, pulito ed educato, arrivava sempre puntuale. Aiutava mio marito ad alzarsi, lo portava in bagno per la doccia, la barba e i denti, lo vestiva. Io gli dicevo cosa doveva fare e con mio marito ha sempre avuto un buon rapporto, è sempre stato molto rispettoso. Per le pulizie non volevo che mi aiutasse. Spesso mi chiedeva le ricette dei piatti che cucinavo. Ha aiutato mio marito ma ha aiutato anche me, potevo fare anche quattro chiacchiere… Ma ci sono voluti vari mesi perché mi fidassi di lui!”.