Essere nonni oggi

Essere nonni oggi

I nonni, al giorno d’oggi, sono diversi da quelli di un tempo: sono più giovanili, alcuni lavorano ancora e continuano a condurre una vita dinamica.

Siamo lontani dall’immagine del nonno col bastone e la barba bianca, ma resta immutata l’importanza della loro presenza per figli e nipoti. In Italia, i nonni sono circa 11 milioni e 500 mila, essi sono abituati ai cambiamenti, curano il corpo e l’abbigliamento e, se non sono malati, continuano a condurre una vita dinamica (dati ISTAT).

Questo cambiamento fa sì che anche i rapporti con i nipoti siano diversi, improntati a minore austerità e maggiore dinamismo. Se i nonni di oggi sono diversi da quelli di ieri, anche i figli e i nipoti lo sono. La presenza di un nonno o di una nonna nella vita di un nipote ha già di per sé l’effetto di allargare i confini della famiglia nucleare. I giovani hanno un maggior numero di modelli di riferimento affidabili e realistici. E quando nell’adolescenza, i rapporti con papà e mamma si fanno burrascosi, è attraverso i nonni che un nipote può ritrovare a volte quell’ancoraggio di cui sente ancora il bisogno.

Il ruolo del nonno è “un ruolo senza ruolo”, poiché non è legato a nessun vincolo prestabilito, come accade invece per le figure genitoriali. Non ci sono norme istituzionali sulla condotta che i nonni devono tenere; è piuttosto un ruolo familiare, una fase del ciclo vitale interno alla famiglia stessa. La relazione nonno-nipote trasmette il senso di appartenenza a un gruppo, all’interno del quale lo scambio di aiuto e appoggio è reciproco e dipende dalle necessità. Per questo è consigliabile che i nonni raccontino la loro storia ai nipoti e che narrino le condizioni di vita in cui essi sono cresciuti, che raccontino episodi e situazioni dell’infanzia dei loro figli.
Diventare nonni oggi non è più un evento da collocare nell’età adulta avanzata (dai 60 anni): sono sempre più numerosi i nonni con un età compresa fra i 40 ed i 60 anni. Il gruppo dei nonni è un gruppo immensamente eterogeneo; sono molti i modi in cui è possibile concepire “l’essere nonno/a” e soprattutto sono numerosi i condizionamenti sociali, culturali e familiari che influiscono sulla pratica quotidiana della relazione nonno-nipote.
Non esiste un modello definito per la figura dei nonni: lo si può essere in modi diversi.
Da una ricerca recente (Brambilla, Marzotto, & Giuliani 2010) emerge che, in Italia, ci sono almeno cinque tipologie diverse di nonni, che si distinguono per la frequenza dei contatti con i loro nipoti:
• i “nonni presenti”, quelli che vedono spesso il nipote e le gerarchie fra le tre generazioni si assestano in maniera equilibrata;
• i “nonni presenti, ma muti”: la loro presenza è riconosciuta, ma non sono legati ai nipoti da un rapporto importante, il ruolo da loro ricoperto è in qualche modo non significativo;
• i “nonni idealizzati”: c’è tanta ammirazione nei riguardi della generazione anziana da schiacciare la seconda generazione, che risulta incapace di far da tramite.
• i “nonni assenti”: non hanno mai incontrato i nipoti o lo hanno fatto sporadicamente per cui si nota un gap fra generazioni.
• I “nonni a distanza” danno affetto tra una visita e l’altra mantenendo contatti significativi per telefono ed e-mail.

Ci sono nonni a tempo parziale – incontrano i nipoti una o più volte a settimana e fanno baby-sitting di tanto in tanto – nonni a tempo pieno – vedono i nipoti tutti i giorni o quasi e integrano le mansioni dei genitori in modo sostanziale e nonni a tempo limitato.
Ma se la “nonnità” svolge una funzione maturativa importante, talora essenziale, allora proprio per questo è sottoposta più che in passato a un carico di aspettative, richieste, pressioni e ricatti affettivi difficile da governare. Può succedere che, in alcuni aspetti educativi, le posizioni dei nonni e quelle dei genitori siano veramente molto distanti, creando non solo confusione nei bambini ma anche rinnovando antichi conflitti tra figli – ora adulti- e genitori – ormai “giovani anziani”-; oppure mantenendo, per bisogno, i figli-genitori nell’ubbidienza di quando erano ragazzi; o aprendo conflitti di potere sulle inevitabili differenze di opinioni (ad es. rispetto al corpo e la sessualità).
Ma nonni non si nasce, si diventa e non solo dal punto di vista biologico: bisogna darsi il tempo per entrare nel nuovo ruolo, per passare da genitore a nonno. E’ un percorso che si deve fare passando attraverso l’accettazione della terza età e la presa di coscienza di un radicale cambiamento del nostro ruolo anche agli occhi del mondo esterno. Il lavoro “psicologico” che i nonni devono svolgere quando arriva in famiglia un bambino, non è tanto nei suoi confronti, quanto nei confronti di se stessi. I nonni, infatti, sono in una posizione diversa dai genitori, una posizione per certi versi privilegiata ma sicuramente da costruire giorno per giorno.

I nonni possono donare ai loro nipoti il tempo. I bambini di oggi vivono giornate stressanti, super impegnate e programmate, con genitori altrettanto impegnati e stressati. Il tempo da dedicare a parlare, godere della reciproca compagnia e giocare sembra più a disposizioni dei nonni. Ma non tutti i nonni sono capaci di giocare con i nipoti e non è necessario che si sforzino di farlo: si possono fare altre attività insieme (leggere o raccontare storie, passeggiare, andare a veder un posto in particolare). Il tutto con calma, lentezza, per la gioia di stare insieme.
Le esperienze positive vissute nella prima infanzia agiscono da fattore protettivo e permettono una crescita sana dal punto di vista psicologico. Il bambino che gode di sicurezza affettiva sviluppa fiducia in se stesso e nell’ambiente che lo circonda, il che rafforza la cosiddetta “resilienza”, la capacità psichica di resistere agli eventi negativi e stressanti. Nei momenti più difficili della vita, inoltre, il ricordo del tempo passato trascorso con i nonni può diventare un terreno fertile da cui attingere perché rappresenta un importante bagaglio culturale, morale e affettivo da conservare e trasmettere alle generazioni a venire. L’intensità del legame che unisce nonni e nipoti nasce da una grande complicità, fatta di comprensione e tolleranza e a volte anche da una ricerca di mediazione rispetto al compito educativo dei genitori. Trasmettono l’interesse per le piccole cose, quelle che loro hanno scoperto in un tempo “liberato”.

Oggi i nonni sono anche un punto fermo e di conforto quando la famiglia attraversa momenti di difficoltà (perdita del lavoro, separazione/divorzio, ecc). I nonni possono svolgere da supporto emotivo per i nipoti in un momento in cui le loro certezze si sgretolano, e rappresentare un importante fattore di protezione proprio per la continuità emotiva che assicurano. E’ allora fondamentale cercare di fare di tutto perché i bambini abbiano un rapporto profondo con i propri nonni, non a caso il codice civile ha riconosciuto la rilevanza di tale relazione ancor prima della legge 54/06. La legge, in caso di separazione e/o divorzio, afferma che il rapporto con i nonni deve potersi qualificare significativo, cioè il contatto deve essere mantenuto con entrambi i rami familiari, per cui i genitori hanno il preciso compito di favorire questa relazione. Anche per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il ruolo dei nonni è pari a quello dei genitori, almeno per quanto riguarda il diritto di visita ai nipoti. Con la conseguenza che, in caso di separazione della coppia, i genitori degli ex coniugi hanno il diritto ineliminabile di incontrare i nipoti senza ostacoli di sorta.


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